Inflazione e tassi in rialzo: cosa cambia per i mutui
Tassi più alti, ma ancora particolarmente bassi se paragonati alle medie storiche. È la situazione che caratterizza attualmente il mercato dei mutui, che inevitabilmente nel medio periodo andrà incontro a tassi più elevati e forse condizioni di concessione più restrittive.

Non è il caso di allarmarsi, ma da qualche settimana le condizioni applicate sui mutui sono un po' meno generose del passato. Quanto basta per non rimandare troppo a lungo le decisioni in ballo (che riguardino l’acquisto della casa con accesso a un finanziamento o la rinegoziazione del mutuo in essere), nella consapevolezza che nel medio termine le condizioni d’accesso e i tassi non potranno che diventare meno generosi di oggi.
Tensioni sul fisso
A metà febbraio l’Eurirs a 20 anni, che costituisce il riferimento di base per i mutui a tasso fisso (a questo valore va aggiunto lo spread per arrivare a determinare il tasso finale), ha sfiorato l’1%, un valore tre volte superiore rispetto a dodici mesi prima. Un trend dovuto soprattutto all’impennata dell’inflazione, che a gennaio è arrivata al 5,1% nell’Eurozona e al 4,8% in Italia.
Si tratta di valori che non si vedevano da decenni, attribuiti dagli analisti in parte alla forte ripresa economica in atto, ad alcuni colli di bottiglia nella catena degli approvvigionamenti, alle tensioni geopolitiche che pesano sui prezzi dell’energia e alla transizione ecologica che crea una forte pressione della domanda sull’offerta relativamente ad alcune materie prime. Troppi fattori per immaginare un ritorno a breve sotto il 2%, il livello indicato come auspicabile dalla Bce. Così, gli operatori cominciano a scommettere sull’avvio del rialzo dei tassi prima della primavera 2023 (come fin qui previsto per l’Eurozona) e a posizionarsi di conseguenza.
Cosa attendersi
Va detto che i mutui finora hanno assorbito buona parte dei rialzi dell’Irs, dato che i rialzi richiedono alcune settimane, per cui è inevitabile che nel prossimo futuro assisteremo a rialzi nelle condizioni praticate alla clientela.
Tutto questo mentre i tassi Euribor a 3 mesi – benchmark di riferimento per i mutui a tasso variabile - stazionano in area -0,53%, sostanzialmente in linea con un anno fa. Questo perché l’indicatore è a sua volta legato al costo che le banche devono pagare alla Bce per i propri depositi presso la Bce (0,50%), una misura che Francoforte inevitabilmente ridurrà, ma senza fretta.
Questo sta ampliando la forchetta a favore del variabile, che ormai costa circa mezzo punto percentuale in meno del fisso. Proprio questa situazione potrebbe portare a riconsiderare le preferenze. A oggi oltre l’86% delle erogazioni (dati Abi) riguarda la rata che non varia nel corso del finanziamento ed è verosimile attendersi un parziale riequilibrio nei prossimi mesi.
Date le tendenze in atto, è il caso di affrettare le decisioni sia in caso si valuti la surroga, sia relativamente all’accensione di un nuovo mutuo. Tra inflazione e crescita economica, infatti, i tassi sono destinati a crescere e poi non è detto che le politiche di concessione dei mutui restino ultra-accomodanti come quelle attuali.
La dinamica dei prezzi
Per altro, i prezzi dell’immobiliare sono attesi in crescita già da quest’anno. Dopo un calo del 15% tra il 2010 e il 2020 (mentre nel resto d’Europa si registrava un progresso nell’ordine del 26%), il 2021 è stato il primo anno di ripresa, intorno al 2%. Fiaip per l’anno in corso si attende un’ulteriore crescita tra il 2 e il 4% e Fimaa si spinge fino al 5%, mentre Tecnocasa è più prudente, indicando un range di progresso tra l’1 e il 3%. Questo secondo le previsioni elaborate qualche mese fa, che probabilmente dovranno essere riviste al rialzo per il persistere di un’inflazione elevata. Infatti, storicamente è proprio la prospettiva di un rialzo dei prezzi relativi ai beni di consumo il principale motore della crescita dell’immobiliare.