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Ma che bel castello, se non ci fossero le tasse!

Pubblicato il 09/11/2015

Aggiornato il 10/11/2015

Ma che bel castello, se non ci fossero le tasse!

Per anni ci è stato ripetuto come un mantra che il luxury real estate non conosce crisi.

Negli ultimi anni in effetti gli immobili di pregio, in particolar modo le dimore storiche, hanno attirato le attenzioni degli investitori locali ed internazionali, come evidenziato da Engel & Völkers nelle analisi del segmento di mercato.

Più di recente, questa nicchia ha subito una battuta di arresto nelle compravendite.

Colpiti in particolare i castelli: una realtà di circa 5 mila unità sul territorio nazionale, penalizzata oggi dalla pressione fiscale, ma anche dei forti limiti imposti alle ristrutturazioni dalla Sovraintendenza delle Belle Arti.

Considerando che, secondo l’Osservatorio economico-internazionale della Fondazione Bruno Visentini, sono 30 mila le abitazioni private sotto vincolo, si capisce la portata del fenomeno e l’ampiezza della fascia di mercato.

Le tasse sono dunque freni pesanti anche per chi ha la disponibilità economica per acquistare un immobile di questo tipo, il cui valore si aggira mediamente sul milione di euro e oltre.

Stando ai dati di Lionard Luxury Real Estate, società che ha in portafoglio settanta castelli italiani, i prezzi al metro quadro sono compresi tra i 1.200 e gli 8.500. Tra le aree più ambite la Toscana, mentre il Piemonte vanta il miglior rapporto qualità/prezzo.

Già nel 2008, quando era stata abolita l’Ici, le categorie A1, A8 e A9, in cui ricadono le abitazioni "di tipo signorile" tra cui ville e castelli, erano state penalizzate dall’applicazione della tassa.
Un orientamento protratto negli anni e confermato ora dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che si è espresso recentemente in merito, proprio in occasione della definizione della Legge di Stabilità 2016.

Il Governo continuerà ad applicare la tassa sulla prima casa a immobili di lusso, ville e castelli.
La manovra coinvolgerà un patrimonio 7.000 unità abitative, considerando castelli, rocche e torri, cui si aggiungono 15.525 palazzi storici 15.525 e 7.820 ville. Una scelta legislativa che non è stata accolta favorevolmente dalle parti chiamate in causa.

In particolare, l’Associazione dimore storiche italiane (Adsi) è intervenuta chiedendo sgravi fiscali, volti a sostenere gli interventi che i proprietari effettuano sulle dimore storiche. Secondo Adsi negli ultimi dieci anni gli investimenti effettuati da privati per la conservazione del patrimonio ammontano a oltre 30 miliardi di euro.

Alcune delle manovre contenute nella Legge di Stabilità 2016 sono espressamente focalizzate su queste tematiche: in particolare l’Art Bonus, che offre la possibilità di detrarre le imposte per i privati che diano erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico. 

Tuttavia il Ministero dei Beni Culturali, che si era impegnato a riconoscere 150 milioni di euro a fondo perduto per il sostegno dei privati che investivano in ristrutturazioni, ha fatto dietrofront su questa iniziativa.

Sull’argomento è intervenuta anche Confedilizia, che recentemente ha presentato alle Camere un’interrogazione per approfondire il tema della mancata erogazione dei contributi che per legge spettano ai proprietari che hanno effettuato opere di manutenzione su immobili di interesse storico-artistico.

Si tratta peraltro di un tema che nasconde un potenziale notevole, legato alla riconversione in mix funzionali in cui alla parte abitativa viene abbinata un’area aperta al pubblico e spesso dotata di servizi orientati al wellness e al comfort.

A cura di: Alessia De Falco

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