Nuovo Catasto in arrivo: cosa cambia
Dopo anni di trattative fallite, finalmente si apre la strada a una riforma radicale del Catasto. Una riforma attesa da decenni, con l’obiettivo di superare le sperequazioni che oggi vedono numerose abitazioni signorili dei centri cittadini costare meno di quelle periferiche di media qualità.

Dopo anni di annunci e progetti, potrebbe essere la volta buona. Complice la pressione riformatrice dell’Europa, che spinge per una modernizzazione del Paese in cambio dei fondi per il Pnrr, il Parlamento italiano sta accelerando sul nuovo Catasto. Una riforma attesa da decenni, con l’obiettivo di superare le sperequazioni che oggi vedono numerose abitazioni signorili dei centri cittadini costare meno di quelle periferiche di media qualità.
Le novità
Nei giorni scorsi è stato approvato un emendamento che fissa un paletto: il gettito che risulterà dall’emersione degli immobili fantasma deve essere destinato alla riduzione dell’Imu e prevalentemente attribuito ai comuni nei quali si trovano. Dunque, la riforma non dovrà servire a fare cassa, ma dovrà essere guidata esclusivamente da ragioni di “giustizia”.
Inoltre, il valore patrimoniale viene sostituito dalla possibilità di consultare la banca dati dell’Omi e viene stabilito che le informazioni frutto della ricognizione non potranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi basati sulle risultanze catastali e, di conseguenza, per la determinazione di agevolazioni e benefici sociali.
La riforma
L’emendamento ha aggiornato la delega fiscale, con la quale il Parlamento ha affidato al Governo l’incarico di riformare il Catasto, che presenta valori risalenti agli anni Trenta, con aggiornamenti parziali e non coerenti nei decenni successivi.
Un censimento confusionario che presta il fianco non solo a sperequazioni nel calcolo delle imposte immobiliari, ma anche al fenomeno degli immobili fantasma, cioè non dichiarati. Stando alla delega fiscale, autorità di controllo si prenderanno oltre tre anni per avere un quadro più chiaro della situazione e da inizio 2026 si partirà con la nuova mappatura relativa a tutti gli immobili e i terreni d’Italia. Per realizzarla, il governo darà a Comuni e Agenzia delle entrate nuovi strumenti per facilitare la rilevazione. L’amministrazione finanziaria e i Comuni dovranno essere messi nelle condizioni di incrociare i dati e soprattutto condividere informazioni e documenti ai fini dell’accatastamento.
Se tutto andrà come previsto, una volta aggiornati i valori catastali, sarà stabilito anche il meccanismo per adeguare automaticamente i valori patrimoniali e delle rendite dei fabbricati in base alle variazioni del mercato.
I nodi da sciogliere
Una riforma organica del catasto fabbricati era stata presentata in Parlamento dal governo Monti nel 2013, ma era decaduta per la fine della legislatura. Altri tentativi sono stati fatti in tempi più recenti, ma sempre senza successo.
Il vero nodo da sciogliere riguarda i criteri per la definizione dei nuovi valori immobiliari. Di fatti, la grande difficoltà sta nel riuscire a far pagare di più chi per decenni ha corrisposto somme irrisorie. Si sa che si fa presto a tagliare le imposte, ma quando si prova ad alzarle, si va incontro a forti resistenze. A maggior ragione se riguardano un bene primario, al quale gli italiani sono fortemente legati, come la propria casa.
Proprio la passione degli italiani per la casa di proprietà ha portato il legislatore ad accrescere nel tempo il peso fiscale sugli immobili. Nel 2021, tra Imu, Iva e imposta di registro, le imposte sul mattone sono arrivate a 35,5 miliardi di euro. Tutti tributi il cui ammontare è definito in base alle vecchie rendite catastali. Quanto alle nuove, si spera siano più giuste, ma è difficile immaginarle meno leggere nel loro ammontare. Anche perché proprio dal fronte europeo spingono per alleggerire le tasse sul lavoro, spostando il carico fiscale verso le rendite.